Non si accenna a placare la rabbia popolare francese contro la riforma delle pensioni voluta da Macron. Alle opposizioni resta una sola strada istituzionale: far cadere il governo e dunque anche la riforma
di Carlo Longo
Continuano le manifestazioni contro la riforma delle Pensioni voluta da Macron, acuitesi dopo l’approvazione forzata del disegno di legge, mentre il governo è in piena crisi politica. Il luogo dove spontaneamente si sono ritrovate migliaia di persone è Place de La Concorde, divenuto presto simbolo della protesta, a pochi metri dall’Assemblèe Nationale dove il governo ha deciso di utilizzare l’escamotage della fiducia per approvare la riforma senza passare dal voto del Parlamento.
La rabbia popolare francese non accenna però a placarsi. I manifestanti hanno dato fuoco a transenne e cassonetti, le cariche della polizia contrastate con sassi e bottiglie. A Parigi sono state fermate 258 persone e sono innumerevoli i danni alla città. Analoga situazione anche a Lione, dove gruppi di manifestanti hanno compiuto un raid negli uffici del Comune del quarto arrondissement, appiccando un principio di incendio, subito domato.
Ad ogni modo l’intersindacale ha indetto nuove manifestazioni per il 18 e 19 marzo oltre a una nona giornata di scioperi e dimostrazioni contro la riforma delle pensioni che vuole innalzare l’età pensionabile da 62 a 64 anni.
Il ricorso all’articolo 49.3 della Costituzione per forzare l’adozione del testo sulle pensioni senza votazione è considerato quasi unanimemente una scelta errata del presidente Emmanuel Macron, che probabilmente causerà il suo definitivo declino.
Le opposizioni tenteranno di utilizzare l’ultimo strumento istizionale in loro possesso: fare cadere il governo di Elisabeth Borne e dunque anche la riforma. Per ora sono state presentatedue mozioni di censura: una del Rassemblement National di Marine Le Pen, che non raccoglierebbe i voti della gauche; l’altra – più strategica – da parte del piccolo gruppo di deputati indipendenti Liot. L’ha subito sottoscritta anche l’alleanza di gauche, Nupes, con conseguente ritiro della mozione di La France Insoumise, che ha desistito per indirizzare il massimo dei voti su quella di Liot. L’obiettivo, però, appare difficile, per far cadere il governo servirebbero 287 voti e pur unendo le forze di Marine Le Pen, Jean-Luc Mélenchon, e a Républicains “disobbedienti” ne mancherebbero fra i 25 e i 15 voti, secondo gli ultimi conteggi diffusi dal sito di Le Figaro.
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