Messaggio incoraggiante su un settore vitale per il sistema economico nazionale, a patto che non rimangano frasi di circostanza, perché si sa che quelli che sanno usare le parole possono risultare affascinanti, ma quelli che sanno mantenere le promesse diventano irresistibili
di Guido Talarico
In visita ad Arte in Nuvola, la fiera d’arte moderna e contemporanea di Roma, il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso ha avuto modo di esprimere, tramite un messaggio postato su Linkedin, parole molto condivisibili. “Anche l’arte contemporanea – ha scritto il senatore di Fratelli d’Italia – può diventare motore del Made in Italy. Oggi a Roma Arte in Nuvola, una galleria innovativa per i giovani collezionisti“.
Poche ma sagge frasi che mettono l’accento su un tema noto, dibattuto al punto da diventare trito. A parole infatti la politica mette quasi sempre la cultura al centro dei propri piani di sviluppo, per poi lasciare ineluttabilmente che terminino in quel mare oscuro fatto da fiumi di promesse disattese. Urso però è andato in fiera, e questa è già una notizia (i suoi predecessori si sono visti pochino agli eventi contemporanei), e, riferendosi al comparto, ha parlato di temi e competenze che lo riguardano, cioè imprese e Made In Italy. Dunque c’è da credergli, c’è da aprire, salvo riscontro, una linea di credito nella speranza che la politica, e soprattutto l’azione di governo, esca dalla metafora, dalla promessa per l’applauso contingente, ed entri in quella attesa fase operativa che collochi effettivamente il sistema culturale, e, segnatamente, il mondo del contemporaneo al centro del sistema produttivo nazionale.
Perché il punto è proprio una questione di comprensione. Se si comprende veramente che l’arte e la cultura sono forse l’architrave più importante del sistema Italia allora poi ci si deve comportare di conseguenza. Le aziende culturali devono essere sostenute a dovere, i musei nazionali devono avere budget pari almeno ai loro pari continentali, la tassazione deve tenere conto della concorrenza europea, gli artisti devono essere tutelati per quello che sono, cioè il centro di tutto, e non abbandonati a loro stessi come è successo durante la pandemia da Covid semplicemente perché non esistendo “l’ordine degli artisti italiani” (come quello dei medici o degli avvocati per intenderci) sono rimasti fuori da ogni politica di sostegno.
In campagna elettorale, per la verità, abbiamo sentito parlare molto poco di cultura, di arte, di creatività. Forse non funziona per attrarre voti e consensi. Ora però è arrivata la complicata fase della gestione, del buon governo. Ben vengano dunque le parole di Urso. Il contemporaneo che abbiamo visto finalmente entrare al Quirinale grazie alla sensibilità del Presidente Mattarella, così come l’eccellente collezione della Farnesina, indicano una strada. Le istituzioni, come la politica, hanno il dovere di interpretare i cambiamenti e le necessità della società e poi hanno il dovere di dare risposte concrete. Urso alla Nuvola di Fuksas ha evidentemente capito meglio di cosa il contemporaneo sia capace, di come la nostra creatività possa fungere da acceleratore economico, di quanto la cultura sia realmente la nostra migliore risorsa. Ora a lui, al Presidente Meloni, al Ministro Sangiuliano e al suo vice Sgarbi il dovere delle risposte. Converrebbe a loro e converrebbe al Paese. Perché si sa che quelli che sanno usare le parole possono risultare affascinanti, ma quelli che sanno mantenere le promesse diventano irresistibili.
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