Carlo Messina presenta i risultati 2023. Sono i migliori di sempre, perchè ha costruito in casa le “fabbriche di prodotto” (a partire da quelli assicurativi), perchè sostiene i settori industriali trainanti ed è più prudente del necessario nelle rettifiche dei crediti e negli accantonamenti. Ha la forza tranquilla per chiedere la riconferma esplicita di Gros Pietro, indicare il candidato migliore per Confindustria in Emanuele Orsini e annunciare di voler pesare in Abi. E non dimentica l’aiuto ai più deboli, con 1,5 miliardi dedicati
di Carlo Gesualdo
Analisti e giornalisti dovrebbero essere freddi e distaccati, ma non hanno potuto fare a meno di apprezzare, parlandone tra di loro e poi scrivendone, la forza tranquilla con cui Carlo Messina ha spiegato i risultati della più importante banca italiana ed europea: numeri di assoluta rilevanza sull’utile e i dividendi cash (7,7 miliardi il primo, 5,4 i secondi), ma numeri ottenuti con un miliardo in più di accantonamenti e un miliardo in più di rettifiche sui crediti (ad esempio, rispetto a Unicredit che invece aveva puntato tutto sull’utile e sulla sua distribuzione totale agli azionisti, quasi a blandirli). Non a caso, Messina ha fatto i complimenti all’amico-concorrente Andrea Orcel, sottolineando tuttavia il modello diverso di Intesa, che accantona in tre mesi quanto mette da parte Unicredit in un anno.
Per questo è importante andare all’origine, per così dire, industriale dei risultati: Intesa è la banca dell’economia reale, sostiene tutte le grandi filiere del Made in Italy e il reticolo delle piccole e medie imprese che fanno la specificità e la resilienza della struttura produttiva italiana ma sa incoraggiare i settori innovativi, come testimonia l’impulso dato negli ultimi anni al settore aerospaziale che ha portato l’Italia ad essere inserita per la prima volta nei grandi progetti internazionali. Contemporaneamente, il capo di Intesa non perde di vista il paese reale, le persone che stanno incontrando difficoltà a causa dell’aumento dei prezzi derivante dalla complicata congiuntura internazionale, e destina 1,5 miliardi all’aiuto ai più deboli, di cui 300 milioni già impegnati nel 2024 (al netto degli interventi delle Fondazioni), con migliaia di iniziative sul territorio laddove è più urgente far fronte ai guasti della soglia di povertà che nel nostro paese è arrivata a risucchiare cinque milioni di persone.
La forza tranquilla del Ceo, riservato e ostico all’esterno quanto presente all’interno per i suoi dipendenti, è venuta fuori anche quando ha affrontato con poche, sentite e chiare parole tre esempi di governance, la prima interna alla banca, la seconda del tutto esterna e la terza relativa all’Abi. Eccoli: richiesta di riconferma esplicita per Gian Maria Gros Pietro, “il miglior presidente possibile” per Intesa Sanpaolo. Per Francesco Profumo invece, dato in questi mesi come quasi sicuro sostituto dalla stampa, “grande stima e figura istituzionale di capacità straordinaria che merita il meglio possibile”, e per il quale lui stesso si attiverà. La stabilità del vertice dunque per Messina è un valore fondamentale quando è coniugata a strategie vincenti e squadra compatta.
La seconda prova di forza consapevole e tranquilla, l’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo l’ha espressa ai giornalisti e agli analisti con un endorsement altrettanto esplicito per Emanuele Orsini, attuale vicepresidente per il credito, la finanza e il fisco, alla presidenza di Confindustria: ha avuto modo proprio grazie alla sua delega di lavorarci insieme e per questo “lo stima”, anche se naturalmente Intesa non vota. In un mondo finanziario e industriale talvolta ipocrita, dove tutti stanno con tutti e con nessuno per paura di non riuscire a salire sul carro del vincitore questo semplice e motivato endorsement è rimbalzato in pochi minuti nelle chat degli imprenditori. Ovviamente, la presa di posizione di Messina non riguarda solo le qualità personali di Orsini ma il ruolo che la rappresentanza delle imprese ha nel difendere gli interessi della vocazione industriale del Paese, perchè se Confindustria fa bene il suo mestiere è meglio per tutto il sistema. E’ innegabile infatti che nell’ultimo decennio, sia in Italia sia soprattutto in Europa, si è affievolita l’incidenza della rappresentanza della seconda manifattura d’Europa e rinnovare classe dirigente e strutture professionali dedicate è un passaggio davvero importante. Infine, l’Associazione bancaria italiana, di cui Intesa rappresenta oltre il trenta per cento ma dove spesso ha dovuto assumere decisioni in proprio sui contratti e su altri temi importanti del settore creditizio: “se ci siamo, dice Messina, vogliamo pesare”. E questa posizione non potrà che riflettersi sulla scelta del nuovo presidente dei banchieri.
Per tutti questi motivi, da tutti i numeri del bilancio al “manico” saldo della gestione, la Borsa ha premiato il titolo della banca, riconoscimento formale alla vera e propria comunità attiva che essa rappresenta nel Paese: i clienti diretti (300 mila di loro sono passati in poche settimane dal tradizionale conto presso la filiale ad Isybank, l’istituto totalmente digitale, mentre altri 60 mila nuovi clienti si sono aggiunti sinora), i dipendenti motivati e continuamente aggiornati, l’universo delle imprese con le quali c’è condivisione di progetti e piani industriali, la forte (e pressochè solitaria all’interno del mondo creditizio) attenzione al sociale.
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